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5 regole immutabili per vincere una gara a Khartoum e fare business in giro per il mondo.

Silvio Petrassi

FOUNDER & MANAGING DIRECTOR

Pubblicato il 16/01/2020

Ho iniziato a lavorare promuovendo il “made in Italy” all’estero quando lo strumento di comunicazione più avanzato che esisteva era il fax. Non esistevano programmi strutturati di inserimento per i nuovi assunti tranne che nelle grandi aziende, né tantomeno corsi di formazione sull’argomento.

Venivi catapultato in pista e imparavi facendo, dai tuoi colleghi, dai tuoi clienti, dai tuoi concorrenti, dai tuoi errori e dai tuoi successi.

La gara che mi venne affidata per iniziare fu a Khartoum, in Sudan. Dovendo partire per la mia prima missione ed essendo alle prime armi, chiesi ai colleghi più esperti cosa avrei dovuto portare con me. All’unanimità mi dissero di procurarmi brochures in quantità. Il giorno della partenza ne preparai una valigia intera prendendole dal magazzino in fondo all’ufficio e, baldanzoso, attraversai il corridoio verso l’uscita salutando tutti. Arrivato all’ascensore i miei “cari” colleghi mi bloccarono evidentemente divertiti dicendomi che non era il caso di partire con quell’inutile carico di carta. Non ero che una giovane recluta, la presi bene e partii avendo imparato la mia prima lezione: per vendere all’estero non serve il catalogo o quantomeno certamente non basta.

Di lì a poco ne avrei apprese altre e ben più significative. Arrivato a destinazione in serata, fui costretto a passare la notte in aeroporto, seduto su una sedia perché non avevo il visto di entrata che non sapevo di dover avere. Non mi ero documentato, non mi ero preparato al viaggio.  Il giorno dopo il mio agente risolse la questione e meno male che c’era ed era bravo, ma saltò comunque il mio appuntamento e dovetti rimanere diversi giorni per poter incontrare uno per uno gli attori coinvolti nel processo decisionale. Accadde così che I miei concorrenti arrivarono e ripartirono in fretta mentre io rimasi per molti giorni, quel tempo non previsto che si rivelò poi fondamentale per portarmi a casa la mia prima piccola gara e 5 grandi insegnamenti utili per me, per fare business nei mercati internazionali. Insegnamenti, regole che ho visto nel tempo puntualmente applicate da chi ha avuto, ed ha tuttora, successo in giro per il mondo, che io ho sempre osservato e che per quanto mi riguarda, non sono mai cambiate.

Take away

1. Lasciare a casa i cataloghi: vendere all’estero comporta l’elaborazione di una strategia e la strutturazione di un articolato set di strumenti di marketing e di vendita in fase di execution. Pensare di fare risultato partendo all’avventura o perché abbiamo “una dritta”, con il catalogo in borsa, è apprezzabile ma raramente funziona e comunque anche quando funziona dura poco.

2. Vendere all’estero non è una attività spot: le gare, i viaggi, le fiere, sono una tappa intermedia di un lavoro di analisi, di preparazione e follow up che inizia molto tempo prima e che continuerà per molto tempo dopo aver eventualmente acquisito un cliente.

3. Creare il team giusto: avere personale competente in casa e dei buoni partner in Italia e in loco è di fondamentale importanza

4. Non pensare di poter vendere all’estero con l’orologio in mano: bisogna starci il tempo necessario per capire, familiarizzare, adattare l’offerta, configurare il business model, costruire relazioni e attivare quelle risorse di fiducia che sono alla base del posizionamento e della reputazione di ogni azienda di successo nel suo mercato di riferimento.

5. I mercati, i clienti, non si “conquistano” si meritano: per quanto piccola la gara o il mercato, dovunque andremo troveremo sempre concorrenti e quasi mai il “distributore magico” o il mega agente che ci risolve tutti i problemi ad attenderci. Vince chi è strategico, chi performa, chi investe, chi ha il team e i partner giusti, chi cura le relazioni e si comporta bene.

Tanta roba è vero, ma la buona notizia è che oggi non siamo più nell’era del fax, e di possibilità di accedere a informazioni sui mercati e trovare partner e programmi di formazione, ce ne sono in quantità.

A tale proposito segnalo l’Italian Trade Agency (ICE), Sace e Simest dove vale sempre la pena dare un’occhiata per ottenere dati, informazioni, opportunità di formazione e supporto qualificato per le attività sul campo. In qualche corso di formazione in giro per l’Italia, troverete anche il sottoscritto in “pedana”.

Per le attività di business intelligence, inoltre:

  • il sito del gruppo Fung e Abacus per i mercati orientali;
  • Statista per ricerche di mercato in vari settori industriali;
  • Hootsuite per l’ecosistema social;
  • Answer the public per un’analisi delle queries geo localizzata;
  • Talkwalker per social listening e competitive insights;
  • SEM Rush per attività di benchmarking con il limite che funziona meglio laddove i siti presi in esame hanno traffico significativo;
  • Buzz Sumo e Hubspot per il content management;
  • doingbusiness.org della world bank;
  • transparency international;
  • i dati OECD;
  • il sito hofstede-insights.com per comprendere meglio la cultura dei luoghi;
  • Up Fluence o Onalytica per la scelta degli influencers.

Ovviamente ce ne sono molti altri.

Buon lavoro!

I mercati, i clienti, non si “conquistano” si meritano. Vince chi è strategico, chi performa, chi investe, chi ha il team e i partner giusti, cura le relazioni e si comporta bene.

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